Con Apple Warren Buffett ha sbagliato?

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IN BREVE

  • Ha venduto 116 milioni di azioni Apple prima del boom delle quotazioni.
  • Ha mancato un guadagno di 4-5 miliardi di dollari.
  • Ma il suo modello ha comunque funzionato: ecco tutti i numeri.

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Chi, nel 1964, avesse investito 10mila dollari in azioni della Berkshire Hathaway avrebbe potuto incassare, a giugno 2024, 438 milioni di dollari. Si tratta di una cifra astronomica, soprattutto se paragonata all’andamento dell’inflazione, all’andamento degli indici azionari, alle quotazioni immobiliari e… A qualsiasi altro indicatore. Negli Usa, infatti, 10mila dollari di 60 anni fa varrebbero oggi 101.312,6 dollari, mentre un piccolo appartamento economico, che allora si poteva acquistare alla stessa cifra, 10mila dollari appunto, oggi ne varrebbe “solo” 218.299

Berkshire Hathaway è una delle più grandi holding del mondo, che investe in azioni di tutti i settori, puntando sulle imprese più promettenti e proprio nel 1964 fu acquistata da un certo Warren Buffett, che nei decenni è diventato un’icona per tutto il mondo della finanza. Il successo dei suoi investimenti, lo stile e la filosofia con cui li ha intrapresi lo ha reso probabilmente l’investitore più celebre e, come si dice, “vanta innumerevoli tentativi di imitazione”. Ogni sua scelta viene studiata e commentata a fondo e così è stato anche per la decisione del primo trimestre 2024 di vendere il 13% delle azioni Apple detenute, ovvero circa 116 milioni, dopo essersi liberato di altri 10 milioni di titoli a fine 2023. Ora l’azienda di Cupertino costituisce poco, circa il 43%, del portafoglio della Berkshire Hathaway: comunque moltissimo, ma meno del 50% precedente.

Il punto è che il titolo Apple, dopo la vendita, ha goduto di un forte aumento in Borsa, grazie alla presentazione di Apple Intelligence, e, di conseguenza, se Warren Buffett avesse conservato tutte le sue azioni si sarebbe trovato con un capitale di 4-5 miliardi di dollari in più. L’Oracolo di Omaha ha quindi sbagliato? No.

Per Buffett un CAGR medio del 19,8% dal 1964

Warren Buffett non ha dato spiegazioni della sua mossa, ma ha mostrato una certa lungimiranza facendo intendere che c’era bisogno di liquidità per pagare, in futuro, più tasse di quelle che Berkshire Hathaway versa oggi e che, tra l’altro, secondo Buffett stesso, sono troppo basse.

Non possiamo sapere se effettivamente le imposte sui dividendi e gli utili torneranno a salire negli Stati Uniti e, in realtà, neanche se la Apple riuscirà a mantenere un ruolo di leadership nel settore, con performance conseguenti in Borsa. La lezione che l’”Oracolo di Omaha”, come viene chiamato, ha dato con questa scelta e con 60 anni di affari non riguarda la capacità di indovinare il momento esatto per comprare o vendere per massimizzare il portafoglio, ma è più ampia e più importante. Riguarda, invece:

• La maggiore importanza del lungo periodo sul breve
• la perenne validità dell’investimento azionario
• la capacità di saper battere il mercato quando più conta, nei momenti di crisi

Il primo punto ci riporta alla cifra astronomica citata all’inizio. La saggia gestione di Berkshire Hathaway ha portato a un guadagno, tra fine 1964 e fine 2023, del 4.384.748%, una cifra difficile da concepire, soprattutto considerando che l’indice Standard & Poor’s 500 (che comprende le 500 aziende Usa più capitalizzate) è cresciuto nello stesso periodo del 31.223%, ovvero 140,4 volte meno. Si è trattato del risultato di un tasso di crescita composto annuale (CAGR) medio del 19,8% per Buffett, quasi doppio di quello del 10,2% per lo S&P 500.

A sua volta lo S&P 500 ha battuto l’inflazione, che a livello cumulato è stata dell’882,9%, e l’incremento degli immobili americani, +2.081,4%. Per avere un’idea delle cifre guardiamo ai termini reali: i guadagni di Warren Buffett, eliminando l’inflazione, sono stati del 446.013,3%, quelli dello S&P 500 del 3.087,8%, mentre il valore delle case Usa è salito del 122%, molto meno. E ancora meno in Italia, dove il prezzo degli immobili da allora è cresciuto in termini reali di appena l’86%.

Certo, 60 anni sono un tempo lunghissimo, e in fondo negli anni ‘60 Berkshire Hathaway era agli albori, era molto più facile vedere incrementi spettacolari partendo da zero. Ma Warren Buffett ha avuto ragione anche su un orizzonte più consono alla vita umana: 30 anni. Come si vede nel grafico all’inizio la sua holding batterebbe ancora lo S&P 500 e, ca va sans dire, ogni altro investimento, con un tasso di crescita composto annuale medio del 12,8%, contro uno del 10,5% del S&P 500.

Ora Buffett pareggia con l’S&P 500

Negli ultimi 20 anni, invece, la Berkshire Hathaway ha sostanzialmente pareggiato nella gara con lo Standard & Poor’s 500, facendosi battere in 8 anni e realizzando ritorni più generosi negli altri 12.
Lo S&P 500 ha prevalso di pochissimo negli ultimi 10 anni, con un CAGR medio del 12,76% contro uno del 12,55% per Buffett, ma negli ultimi 3 è stato quest’ultimo ad avere nuovamente la meglio (14,22% vs 10,02%), e nella prima parte del 2024 sta accadendo lo stesso. Questi numeri, peraltro, ci ricordano il secondo punto dell’elenco precedente, la validità dell’investimento in azioni, che garantisce ritorni superiori a quelli di un qualsiasi altro strumento, anche nel medio periodo.

Appurato questo, appare evidente che all’interno del mondo dell’azionario, l’obiettivo non è battere record; non lo è per il magnate 93enne e ovviamente non può esserlo per il comune risparmiatore, soprattutto di un Paese, come l’Italia, in cui gli altissimi ritorni sono una chimera. A confermarlo è stato lo stesso Buffett, che già nel 2007 vaticinava che l’andamento dello S&P 500 avrebbe battuto gran parte dei fondi e a maggior ragione avrebbe sovraperformato il singolo investitore. Come poi è accaduto. La ragione è che un indice come lo S&P 500 è fatto da titoli che hanno un andamento altamente asimmetrico, la grande maggioranza, il 76%, tra il 2002 e il 2022 è andata peggio della media e la media stessa è prodotta dalle performance di pochi campioni che riescono a mettere a segno guadagni anche del 1000% in 20 anni. È molto difficile “azzeccare” questi ultimi, inserendoli nel proprio portafoglio e quindi ottenendo un ritorno superiore o pari a quello dell’S&P 500 o di un altro grande indice globale.

Garantire solidità nei momenti difficili

Soprattutto non può riuscirci il singolo investitore, il quale ha bisogno della consulenza e dell’assistenza di professionisti che, anche se non si chiamano Warren Buffett, sanno qual è l’obiettivo dell’investimento: garantire ritorni maggiori del solito mattone e dei soliti titoli di Stato minimizzando i rischi connessi alla naturale volatilità dell’azionario.

In sostanza quello che ha saputo fare Buffett è, negli anni di “bear”, ovvero di calo degli indici azionari, avere guadagni maggiori o comunque a perdere meno degli indici stessi. La combinazione tra scoppio della bolla dot com e attacchi dell’11 settembre ha fatto in modo che per tre anni, nel 2000, 2001, 2002, l’S&P 500 avesse variazioni negative, -9,1%, -11,9%, -22,1%. Al contrario il valore per azione di Berkshire Hathaway è salito del 26,6% e 6,5% nel 2000 e 2001 ed è sceso solo del 3,8% nel 2022. Poi c’è stata la crisi dei mutui subprime che nel 2008 ha provocato un crollo del 37% per l’S&P 500 e che non ha risparmiato nessuno, ma nel caso di Buffett si è tradotta in una forte discesa, certo, ma inferiore alla media, del 31,8%. Da ultimo il -18,1% di Standard & Poor’s nel 2022, causato dall’inflazione e dal confitto in Ucraina, si è trasformato per Berkshire Hathaway in un aumento del 4,1%.

Si tratta di risultati ottenuti puntando non sul titolo che avesse un rally di breve periodo su cui speculare, ma su aziende con un valore intrinseco e potenzialità di crescita reale nel lungo periodo. Questa è dunque la lezione di Buffett: rendere accessibile a tutti l’investimento in azioni, visto come compartecipazione alla creazione di valore da parte di un’azienda sana. E non ha sbagliato.