Over 65 ricchi ma poveri: sarà perché non investono

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IN BREVE

  • Negli ultimi decenni il rapporto tra il reddito degli anziani e degli under 65 è salito di pari passo con l’invecchiamento della popolazione.
  • Ma il patrimonio netto dei pensionati è sceso a causa della crisi del mattone e di scelte di investimento troppo conservatrici.
  • Il segmento dei futuri anziani, i 55-65 anni, è molto numeroso e ricco, sarà decisivo per l’andamento di patrimoni e redditi italiani.

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Sono relativamente più ricchi dei coetanei del resto d’Europa, hanno entrate più stabili, sono prudenti e sono sempre di più. Ma soprattutto, sono stati educati a praticare il valore del risparmio ma (ed è questo il punto) non quello dell’investimento. Il risultato è che, oggi, non si può prescindere dal ruolo degli anziani nell’economia nazionale al punto che il loro patrimonio incide sul futuro dell’economia, dei redditi e del benessere del nostro Paese come mai prima.

I redditi degli over 65 italiani sono tra i più alti in rapporto a quelli dei più giovani

Partiamo da un dato paradigmatico: l’Italia è il secondo Paese in Europa dopo la Spagna per rapporto tra il reddito mediano disponibile degli over 65 e quello di chi ha meno di 65 anni: è di 0,98 (dati Eurostat 2022). Significa che le entrate degli anziani sono il 98% di quelle della popolazione non anziana. È una percentuale molto alta, considerando che il principale reddito di chi ha questa età è la pensione e che la media europea è del 90%, mentre nei Paesi Baltici si scende sotto il 65%, nei Paesi Bassi al 73%, in Svezia e in Germania rispettivamente all’81% e all’84%. Che si tratti dell’esito di un sistema pensionistico molto meno generoso (come in Est Europa) o di remunerazioni più ricche ai lavoratori, sta di fatto che altrove il divario di reddito tra over e under 65 è molto più ampio.

Il dato italiano, tra l’altro, è cresciuto nel tempo, come si vede dalla nostra infografica, nel 2005 le entrate degli anziani erano solo l’85% di quelle degli altri e tra 2016 e 2021 le hanno addirittura superate. Nel decennio tra 2012 e il 2022 il reddito disponibile mediano di chi ha meno di 65 anni nella Ue è aumentato del 27,6%, decisamente più di quanto sia cresciuto quello di chi ha più di 65 anni, il 21%. In Italia, invece, è accaduto l’opposto, le entrate degli anziani sono aumentate del 21,2%, ovvero più di quelle dei coetanei europei e, soprattutto, più di quelle dei più giovani, cresciute solo del 18,9%.

Per di più il numero degli over 65enni italiani, negli stessi 10 anni, è cresciuto da 12,4 a 14,1 milioni (dal 13,6% al 23,8% della popolazione, rispetto a una media Ue del 21,1%) e gli under 65 sono diminuiti di 2 milioni. Se poi il paragone è trentennale il calo di questi ultimi è di 3 milioni, mentre l’incremento degli anziani è stato addirittura di 5,3 milioni. Naturalmente con l’andare del tempo l’invecchiamento degli italiani proseguirà: i dati sul tasso di fertilità sono molto chiari.

Ma gli anziani hanno investito peggio i propri patrimoni

A dispetto dell’incremento dei redditi e della loro stabilità, però, secondo una recente indagine della Fondazione Einaudi, gli anziani sono i più insoddisfatti delle loro entrate: solo il 48,8% le ritiene sufficienti, meno della media italiana, che è del 59,7%, e persino meno dei più giovani, i 25-34enni, 55,9%. Non solo, tra gli over 65 risulta essere molto alta la quota di chi non risparmia nulla, il 49,5%, circa 10 punti in più di quella che si riscontra tra chi ha tra 45 e i 54 anni, e numeri simili si trovano tra chi anziano lo sarà a breve, i 55-64enni.

Come mai? Certamente l’inflazione ha colpito di più, anche e soprattutto a livello di percezione psicologica, chi ha redditi fissi, come, appunto, i pensionati, ma un ruolo chiave lo ha giocato la gestione dei patrimoni, che per gli over 65 non è stata particolarmente felice.

Sono i dati della Banca d’Italia a mostrarlo nelle loro ultime indagini sulla ricchezza degli italiani: nei dieci anni tra il terzo trimestre del 2013 e il terzo del 2023 i patrimoni netti delle famiglie con, come persona di riferimento, un pensionato sono scesi da 333mila a 261mila euro: -21,6%. Certamente i nuclei familiari si sono rimpiccioliti in questo lasso di tempo, ma anche volendo calcolare i valori pro capite vi è una riduzione da 169mila a 139mila, del 17,8%. Nel frattempo i patrimoni dei lavoratori dipendenti, seppur minori, sono saliti del 16,8%, e quelli degli autonomi, tra cui vi sono anche molti imprenditori, di ben il 58,1%. Come mai? Per il motivo più classico, l’85,3% del patrimonio netto dei pensionati consiste in case, (69,3%) e depositi (16%), mentre nel caso degli autonomi si scende al 51,3%.

In realtà anche per i dipendenti i numeri sono esattamente gli stessi, eppure i patrimoni di questi ultimi sono cresciuti. Il motivo è che le case dei lavoratori, seppur di poco, si sono rivalutate, mentre quelle dei pensionati no, il valore degli immobili di chi si è ritirato dal lavoro in 10 anni è sceso del 20,8%. È facile immaginare che si tratti di case più vecchie, spesso in provincia, in luoghi che, a differenza di quelle dei lavoratori, sono meno appetibili.
Il problema non è, tuttavia, l’andamento del valore di appartamenti o villette che in gran parte sono prime case, ma lo scarso ricorso a strumenti di investimento più remunerativi e diversificati, dai fondi di investimento alle obbligazioni alle azioni.

Un’opportunità da non perdere

L’importanza degli investimenti di questo segmento demografico è evidente dal peso che hanno tutti i patrimoni dei pensionati, presi insieme. Nonostante tutto, la loro ricchezza ammonta ancora a 2.136,7 miliardi, una cifra notevole, che non può essere sprecata. A maggior ragione considerando che tra i futuri anziani, coloro che hanno tra i 50 e i 64 anni, è presente la generazione più numerosa, quella dei 50enni, composta da 9,5 milioni di persone. Per fare un paragone, i 20enni sono solo 5,9 milioni.

I dati della Fondazione Einaudi ci dicono, poi, che proprio il segmento dei 55-64enni è quello con i patrimoni più ricchi, 124.368 a famiglia, contro una media italiana di 105.516, considerando solo quelli finanziari, cui si aggiungono quelli immobiliari, 212.543 per nucleo familiare con persona di riferimento di questa età. Non solo, i 55-64enni sono anche più propensi ad investire in azioni, lo fa il 10,7%, che è più della media e più del 6,9% che si riscontra tra gli over 65.

In un contesto di calo demografico e bassa crescita economica è responsabilità di tutto il cosiddetto Sistema Paese, fatto di istituzioni, banche, aziende, media, rendere molto più efficiente e accrescere l’attenzione sull’utilizzo dei patrimoni di questa fascia crescente di popolazione, fatta di anziani e futuri anziani. Va fatto a loro stesso beneficio, innanzitutto, e poi a beneficio dei loro figli e nipoti, in una parola, del Paese stesso.